Il Municipio di Palermo, rendendosi interprete del vivo desiderio della cittadinanza, di avere un degno teatro che potesse sostituire l’antico ed ormai angusto teatro Bellini, decise nel 1964 di bandire un concorso internazionale per la costruzione di un “ nuovo primario teatro lirico”. Subito dopo la decisione di indire un concorso internazionale, destò scandalo. Scalpore e polemiche l’idea di esporre i progetti presentati dai trentacinque architetti invitati, di cui un terzo stranieri, nell’interno della chiesa di S. Domenico, perché si riteneva un atto sacrilego usare un tempio cristiano per il concorso di un teatro. Dopo un’epidemia di colera, che rallentò notevolmente i lavori del concorso, la giuria, presieduta dal professor Goffredo Semper di Dresda, proclamò vincitore del concorso il palermitano Giovanbattista Filippo Basile, assegnandogli un premio di lire 25.000.
La scelta del luogo dove costruire il nuovo teatro cadde fuori porta Maqueda, al di là delle antiche mura, perché si pensava che la città si sarebbe estesa verso quella parte. La costruzione del teatro comportava però la demolizione dei monasteri dell’Immacolata Concezione e delle Stimmate, sorti nel 1700, della monumentale basilica di San Giuliano, opera dell’architetto Giacomo Amato, e delle chiese di S. Lorenzo e di S. Maria. Dopo non pochi contrattempi e difficoltà, causati dalla costernazione della cittadinanza e dalle proteste delle suore francescane e teatine, che si vedevano sfrattate dai loro conventi, iniziarono i lavori di demolizione, che misero a disposizione del Comune un’area di 25.000 metri quadrati. Il 12-01-1975, con solenne cerimonia preseduta dal Sindaco Emanuele Notarbartolo, venne dato inizio ai lavori e affidata la direzione degli stessi all’architetto Giovanbattista Filippo Basile, il quale, per rivaleggiare con le antiche costruzioni, fece riattivare le cave di pietra di Solanto, Cinisi, Aspra, e Billiemi, tenendo nel contempo lezioni serali per intagliatori di pietra, in modo da ricostituire le antiche maestranze ormai scomparse, per il fatto che l’architettura ottocentesca usava ormai intonacare i prospetti degli edifici. Dopo tre anni di lavoro, si constatò che i due milioni e mezzo stanziati dal Comune, portati poi a tre milioni e trecentomila lire, non sarebbero stati sufficienti per il completamento del teatro, per cui la giunta comunale, pressata da innumerevoli accuse di sperpero del pubblico denaro, decise di sospendere i lavori e revocare dal suo incarico il Basile. La decisione di affidare la prosecuzione dei lavori all’architetto Antonelli, ideatore della famosa Mole Antonelliana di Torino, suscitò lo sdegno della cittadinanza in difesa del Basile, ingiustamente accusato e per nulla apprezzato, a tal punto che il Comune decise nel 1890 la ripresa dei lavori, affidandone la continuazione allo stesso Basile. All’atto della ripresa dei lavori, le condizioni del teatro erano le seguenti: mancavano le scene, il palcoscenico, gli intonaci interni, le chiusure, le coperture, mentre sui muri rimasti incompiuti era cresciuta l’erba. Tra le angosce, vicissitudini, battaglie burocratiche, traversie e contrasti di ogni genere, giungeva notizia a Palermo che per i teatri di Parigi e di Vienna erano stati spesi rispettivamente trenta e venti milioni di lire, mentre si sentiva nel contempo la necessità di portare a termine l’opera prima dell’Esposizione Nazionale di Palermo, programmata per il 1891. Ma da un completamento affrettato, del teatro si oppose il Basile, per il fatto che era suo intendimento portare a termine la sua opera nella maggiore completezza possibile, e il suo rifiuto gli procurò ulteriori accuse e critiche, che culminarono in pieno Consiglio comunale, dove si grido: “Questo teatro è una disgrazia per la città!”.
Mentre procedevano i lavori di completamento del Politeama, per accogliere in modo conveniente l’Esposizione Nazionale del 1891 moriva Giovanbattista Basile, prima che vedesse compiuta la sua opera. Il cordoglio e la commozione della cittadinanza furono immensi e il frontone del teatro, ancora incompiuto, venne listato a lutto. Il Comune, partecipe del commosso rimpianto della cittadinanza per la scomparsa dell’illustre maestro, affidò al figlio di questi, Ernesto, la continuazione dell’opera, che venne portata a termine nel 1895 e il 1896 ed inaugurata il 16 Maggio 1897, tra uno sfarzo di luci e di colori, con il Falstaff di Giuseppe Verdi. Il Teatro Massimo di Palermo, finalmente pronto ad iniziare la sua gloriosa e fulgida carriera di teatro lirico, si inserisce, per la sua architettura, tra i più bei teatri del mondo e terzo, per estensione, in Europa, dopo l’Opera di Parigi e l’Opernhaus di Vienna.
I più grandi astri della lirica hanno calcato il palcoscenico del Massimo: Enrico Caruso, Toti Dal Monte, Beniamino Gigli, Maria Caniglia, Tito Schipa, Gino Bechi, Maria Callas, Renata Tebaldi, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, Lina Cavalieri, il maestro Giacomo Puccini, i quali, insieme a quelli non qui annoverati, hanno conferito al Teatro Massimo di Palermo grandissima fama, tale da collocarlo meritatamente nella leggenda della lirica internazionale. Dotato di notevoli qualità acustiche, non inferiori a quelle dei maggiori teatri del mondo, il Teatro Massimo copre un’area di 7730 metri quadrati ed è capace di 3400 spettatori. Ha cinque file di palchi ed un loggione, mentre la sala è lunga m 26,50 e larga m 20. Il costo complessivo dell’opera non superò gli otto milioni di lire.
Forse non tutti sanno che il Teatro Massimo è rimasto incompiuto per mancanza di soldi: infatti manca di alcuni dettagli, quali la quadriglia centrale, i due gruppi laterali e il genietto alato che si sarebbe dovuto collocare sul timpano del portico. Ma chi si accorge, poi che il Teatro Massimo è incompiuto? Oggi, ad un secolo della sua ultimazione, siamo convinti che i dettagli non costruiti avrebbero appesantito l’armonioso ed equilibrata monumentalità del magnifico teatro, che può definirsi decisamente di chiaro stile eclettico, e non già neoclassico come molti erroneamente asseriscono, poiché l’estrosa fantasia creatrice del Basile ha sapientemente accostato elementi e moduli appartenenti a stili diversi. Infatti, il portico rettilineo architravato, sostenuto da sei enormi colonne in stile corinzio-italico, ha una indubbia impronta greca; il corpo cilindrico, culminante in una grandiosa cupola e innastato ad un corpo cubico destinato al palcoscenico, è decisamente di ispirazione romana; il grandioso scalone di accesso riecheggia i fasti barocchi, mentre le decorazioni sono per lo più di stile floreale. La magnificenza dello scalone è esaltata da due splendidi leoni bronzei, ognuno dei quali reca sul dorso una donna:- Quella di sinistra che rappresenta l’allegoria della “Lirica”, è di Mario Rutelli, mentre quella di destra simboleggiante l’allegoria della “Tragedia” è di Benedetto Civiletti. Nella grande hall del teatro si trova su un alto piedistallo il busto bronzeo di Giovanbattista Basile, modellato dallo scultore Antonio Ugo, al quale fu riscontro quello di Vincenzo Bellini, scolpito da Benedetto Civiletti e ubicato sotto il grandioso portico, mentre nell’antistante villetta, sulla sinistra del prospetto principale dell’edificio, si trova il busto bronzeo di Giuseppe Verdi, scolpito nel 1902 da Antonio Ugo.
Fonte: redazione palermomania.it
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