Il teatro Lelio di Palermo, la scorsa domenica, ha ospitato una rappresentazione unica nel suo genere, già a partire dal titolo: “RABBIA”, per raccontare uno psicodramma. Una parola che spaventa ed incuriosisce nello stesso tempo ma, se ci riflettiamo un attimo, è semplicemente una delle emozioni primarie della vita, che appartiene ad ognuno di noi, fin da quando si è bambini, un po’ come la felicità, solo che, ciò che si prova, è l’esatto opposto. E, visto che trattasi di un’emozione che comunque si prova tutti i giorni, perché non raccontarla in teatro? A proporre questa novità al pubblico palermitano, è stato Alberto Cordaro che ne ha curato, nel dettaglio, i testi e la regia, già collaudato da un’altra esperienza di psicodramma in teatro, nel 2015 con Zenit che andò in scena all’Agricantus.
Sul palco del Lelio, una scenografia minimal, un tavolo con due sedie su uno sfondo nero e quattro personaggi: Sofia, Georgos, Kiria Eleni e Sotiris, interpretati, a sua volta, da Laura Gestivo, Francesca Vaglica, Dario Scarpati e Lucio Cucinotta, attori della compagnia teatrale dell’Associazione Labe. L’ambientazione, come si può ben intuire dai nomi, si svolge in Grecia, in un momento storico particolarmente difficile, ossia nel 1941, alla vigilia dell’invasione tedesca. La vicenda si concentra in una notte, e la rappresentazione è comunque molto veloce e dinamica, è in atto unico, e dura più o meno un’ora.
Cosa accade per scatenare tutta questa rabbia? La scena si apre con Sofia, una sposa greca di origine turca, e poi col giovane sposo. Un passato di lei che riecheggia sempre nella mente di lui, come una minaccia. Ad alimentare ancor di più tutti questi sospetti, interviene la madre di Georges, una donna dal temperamento molto forte, così come fortemente bigotta, con lei il marito, che sembra muoversi come una pedina smarrita nel caos della vita.
In questa notte di coprifuoco, che anticipa la fuga dei quattro protagonisti, succede di tutto. Il confronto forzato li porta al punto di non poter più tenere a bada paure, pressioni, suggestioni, e soprattutto la rabbia. Sarà infatti questa emozione primordiale a dominare la scena, in particolar modo nella parte finale della rappresentazione, fino a chiudersi in colpo di scena finale che al momento potrebbe sorprendere ma, se ci riflettiamo bene, anche la cronaca ci insegna che la vita è fatta pure di psicodrammi, che in molte case si vivono situazioni estreme e che il teatro, in fondo, non è poi così lontano. Ed ancora, che i drammi del 1941 sono anche quelli di oggi, che le maschere si possono celare in ognuno di noi e, a volte, una fede religiosa esagerata ed estrema cela segreti e verità inimmaginabili.
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