La presenza di più patologie nello stessa persona, l’assunzione quotidiana di oltre sette farmaci, la depressione e i conflitti parentali sono le quattro condizioni particolari che determinano l’anziano fragile, uno stato patologico che necessita di un’accurata attenzione e di una corretta prevenzione. Il Professor Gadola, esperto farmacologo e specialista in psicoterapia psicodinamica, interviene ad Intrage sull’argomento portando il suo contributo nella comprensione del fenomeno, grazie a una lunga esperienza, alle varie specializzazioni e ad un approccio “umano” nel rapporto tra medico e paziente, sperimentato di persona in 27 anni di attività.
Chi è l’anziano fragile?
La risposta è molto complessa e dipende dall’angolo di visuale con cui la si analizza; dal nostro osservatorio tipicamente clinico, che comprende servizi territoriali, case di riposo e servizi ospedalieri, l’anziano fragile si riconosce principalmente attraverso quattro condizioni significative: lo stato polipatologico, ovvero la compresenza di più patologie per lo stesso individuo; la politerapia, l’assunzione di oltre 7 farmaci ogni giorno; l’alterazione della funzione psicoaffettiva, ovvero in pazienti con fenomenologia depressiva di vario ordine e grado; l’interferenza parentale, caratterizzata da conflittualità soprattutto intrafamigliare. Le quattro condizioni sopradescritte si sovrappongono ed ingenerano uno stato patologico sfuggente alle classiche formulazioni cliniche, ma ingravescente (che tende progressivamente ad aggravarsi, ndr) e ad alto rischio di marasma psico-fisico.
Come si può prevenire la condizione di anziano fragile?
E’ stato dimostrato che lo stile di vita influisce in modo decisivo sulla condizione di salute dell’individuo; a parità di familiarità, cioè di rischio ereditario, risulta patologicamente vulnerabile e quindi più fragile l’individuo che ha condotto una vita distratta, igienicamente insana. A partire dalla mia tesi di laurea ho avuto modo di osservare come le alterazioni della sfera affettiva possono incidere sullo stato di salute e negli studi successivi ho potuto constatare come nell’anziano la depressione rappresenti la condizioni più correlata alla fragilità.
Una volta che si è in presenza di questa condizione clinica cosa bisogna fare per il paziente?
Dal nostro osservatorio privilegiato, sostenuto da progetto sperimentale per la Regione Lombardia e realizzato sulla sponda bresciana del lago di Garda, è risultato particolarmente efficace l’approccio condotto su tre indirizzi operativi: da una parte l’accoglienza, cioè una organizzazione capace di offrire da subito sostegno alle richieste del paziente; dall’altra la valutazione multidisciplinare, che permette di evidenziare le diverse patologie di cui è affetto il paziente e stabilire le priorità di lavoro terapeutico. Il terzo indirizzo operativo mira al coinvolgimento della sfera famigliare attraverso colloqui di sostegno psicoterapeutici; la partecipazione dei parenti più stretti, soprattutto quando coabitano con il paziente, ha permesso di ridimensionare conflittualità patologiche e nel contempo programmare e gestire al meglio le dimissioni con il rientro al domicilio.
Quanto contano le relazioni familiari per l’anziano?
Rispetto al tema delle relazioni emerge l’esclusività e la chiusura alla sola sfera familiare. È un dato incontrovertibile che sottolinea abitudini e stili di vita tendenti all’isolamento enucleato fra parenti; il significato e l’importanza della socializzazione ed il ruolo delle amicizie è quasi cancellato. A questo punto c’è da domandarsi: se la salute è anche uno stato della mente, quale futuro ci aspetta?
Quanto è importante avere un sano stile di vita (alimentazione, attività fisica regolare, assenza di cattive abitudini come fumo e alcool) per evitare di diventare un anziano fragile?
È importante, come ho già sottolineato. E qui mi preme sottolineare provocatoriamente che le cattive abitudini trovano spazio e logiche nei soggetti più isolati e la depressione è uno stato anticipatorio dei rischi di devianza dimostrata nelle cronache dei giornali.
Professor Gadola, nella sua lunga esperienza di farmacologo e psicoterapeuta sarà entrato in contatto con tante persone, ognuno con una sua storia clinica e personale. Tra queste ne ricorda una in particolare?
Dopo 27 anni di attività e da innamorato della mia professione ho deciso di farmi un regalo; ho raccolto in un libro i casi che più mi hanno sollecitato sia umanamente che dal un punto di vista clinico professionale (il volume è in fase di pubblicazione, ndr). C’è un aspetto che accomuna molte di quelle storie: sono i volti e le espressioni di quelle persone anziane anagraficamente, ma con uno spirito vivo, affascinante ed in alcuni casi travolgente. Sono questi i pazienti che ottengono la migliore attenzione e disponibilità dei medici che li hanno in cura; una condizione sottovalutata, ma conosciuta da tutti i colleghi e recentemente anche alcuni studi lo hanno confermato. D’altra parte, un grande medico insegnava ai colleghi che il primo farmaco somministrato al paziente è il camice e la persona che ci sta dentro; come dire che curano meglio i medici che sanno rapportarsi alla persona, prima che al paziente.