L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha rivolto un "fermo richiamo" alla Rai per l'intervista di Bruno Vespa al figlio di Riina. Ma il diretto interessato ha replicato con altrettanta fermezza: «Mi permetto di dissentire radicalmente dai giudizi espressi nel richiamo. Rivendico fino in fondo di aver rispettato ancora una volta la deontologia professionale e la dignità della persona con lo scrupolo che da cinquant'anni caratterizza la mia attività giornalistica»”.
Il richiamo dell'autorità per le comunicazioni arriva dopo l'esposto del deputato Pd sempre attento alle vicende Rai, Michele Anzaldi, che ha poi portato sulla sua linea anche altri colleghi di partito. In un documento dell'Authority si legge che «la censurabile unilateralità di molte fasi dell'intervista, condotta senza un adeguato contraddittorio, e con le reticenze e omissioni dell'intervistato lasciate senza sostanziali repliche idonee a fornire al telespettatore una rappresentazione veritiera e completa, hanno pregiudicato in particolare la completezza delle informazioni in ordine ai fatti di cronaca oggetto di narrazione e alle conseguenze che ne sono scaturite in ambito giudiziario, nonché posto oggettivamente in secondo piano quel valore irrinunciabile che è il rispetto della sensibilità degli spettatori, e primo tra tutti dei parenti delle vittime di mafia». L'Agcom ha invitato la Rai «ad adeguarsi per il futuro, in modo rigoroso» all'indirizzo interpretativo fornito.
Ma Vespa non ci sta e spiega: «A nessun intervistatore di grandi mafiosi e grandi terroristi - insiste il conduttore di Porta a Porta - è stato obiettato che il programma avrebbe offeso la sensibilità delle vittime. Al contrario di quanto avvenuto in passato, il figlio di una vittima simbolica di Capaci era in studio proprio per testimoniare in diretta l'oltraggio subito dagli attentati ordinati dal padre di Riina».
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