Miei cari Amici,
mi avete chiesto di esprimere un mio pensiero, magari in forma disaggio, sulla tolleranza, sotto il punto di vista sociale, politico e religioso, e sui gravissimi danni che ne conseguono quando essa non viene applicata e a quest’ultima subentra la più bieca intolleranza.
Ora, io non sono un saggista, né tantomeno un dotto ma solo un piccolo, modesto poeta; e che vive, pensa e scrive da poeta.
Io non so di politica e di eloquenti e faziosi discorsi; di trattati sociologici, studiati dentro inaccessibili torri di acciaio e vetro.
Io non so di aride elucubrazioni sull’uomo-animale che ancora marca i suoi territori e scaccia e combatte l’estraneo, l’invasore…
Io non so di violenza, di sopraffazioni, di odio, di crudeltà, di restrizioni, di coercizioni, di cieca intolleranza; di giochi di potere, di insaziabili avidità.
Io non so di torture, di privazioni, di percosse, di mortali punizioni, di vessazioni, di epurazioni…
Io non so di catene, di diabolici strumenti, di campi di sterminio.
Io non so di nero, di bianco o di altri strani e curiosi colori.
Io so di amore, invece, e so di armonia.
Io so di unità, di pace e di sincera fratellanza.
Io so di amicizia, di una sola casta, di un solo censo.
Io so di una sola tribù e di un solo villaggio.
Io so di un solo Dio e di una sola preghiera.
E so del fratello che non uccide più il fratello.
E so del cielo che è sempre azzurro e del sole che sempre ci riscalda.
Io so di uomini liberi, in territori liberi, che alzano il pugno al grande cielo
azzurro dicendo:
“Dio, dacci un segno, dacci una certezza.”
E nei loro cuori c’è già la certezza.
Nei loro cuori, c’è già la verità.
(Dalla raccolta “Melanconie” Edizioni del Girasole – Ravenna 2002)
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