Passeggiando per il centro Storico di Palermo, in via Alloro 108/110, sarà possibile "ammirare" un’installazione luminosa davvero singolare. A 200 cm dal manto stradale, infatti, una luminaria con la scritta “MINCHIA” si estende ad arco con decorazioni speculari da ambo i lati. Il progetto è del giovane artista Fabrizio Cicero, ed è prodotto da Andrea Schiavo H501. L’opera è curata da Bridge art per Border crossing progetto collaterale di Manifesta 12.
“Quella che può sembrare un’operazione dissacrante ed ingenuamente di rottura – spiega Fabrizio Cicero - è invece un piccolo, modesto inno al sacro. Scrivere una parolaccia in cielo oppure riappropriarsi del senso più antico del sacro attraverso un’arte, tra le più recenti, fin dalle origini associata alle celebrazioni religiose: il “lumen” simbolo di vita e di tensione verso la dimora celeste”.
Se non fosse vero, avrei sicuramente pensato ad uno scherzo, ad una di quelle odiose fake news acchiappa clic che circolano senza controllo sul web. Chi l'avrebbe detto che a distanza di anni il mitico Alberto Sordi avrebbe visto materializzarsi, proprio a Palermo, una delle più belle scene del film "Le vacanze intelligenti" anno 1978.
La questione che mi ha suscitato ilarità è, infatti, il commento dell'artista che sublima la sua "opera" come un qualcosa di celestiale, e ripete, credo senza saperlo, la scena del film di Sordi, quando alla visita alla Biennale, la moglie di Sordi, nel film, seduta su una sedia con il corpo abbandonato per la stanchezza, viene scambiata per un'opera e, dunque, valutata ben 18.000.000 (diciottomilioni) da un visitatore critico d'arte.
Vorrei sapere quale artista può valutare che quest'opera elevi! Anzi, se c'e n'è uno che ne ha stima, m'illumini d'immenso, visto che non l'ho proprio capita se non nella sua essenza di ordinaria popolarità e cattivo gusto in un momento di forte attenzione mediatica. Mi chiedo come si possa giustificare, addirittura osannare, cercando ciò che a mio parere non esiste, con argomentazioni religioso-filosofiche (?), e chiamare "arte" una comunissima anche banale luminaria con una scritta, o meglio una parola che, a mio parere e non solo, offende il decoro della nostra città, già abbastanza provata in questi ultimi giorni di cronaca politica, dove si è resa tristemente protagonista di un episodio per nulla edificante, sprofondandoci nel baratro dell'impotenza. Palermo ha già subito troppo da chi l'avrebbe dovuto proteggere e difendere, oggi appare abbandonata a se stessa e sembra morire lentamente. E adesso, spunta la luminaria che muove "critici d'arte", intellettuali e i cosìddetti leoni da tastiera da una parte, e indignazione profonda dall'altra, di cittadini che hanno visioni artistiche indubbiamente più classiche, civiche, e di minor impatto mediatico. Anche Sabrina Figuccia, consigliere comunale, ha gridato allo scandalo:
"Come se non fosse bastata l'installazione artistica dell'amplesso di un tizio con un albero, arriva anche questa bella novità che, probabilmente, rispecchia la visione contorta di qualche "artista" foraggiato da fondi pubblici". "Stamattina - conclude Figuccia - in una lettera inviata al sindaco ho chiesto l'accesso agli atti per conoscere quanto è stata pagata questa installazione, chi ha sostenuto i costi e se Orlando ritiene che simili episodi facciano bene all'immagine della città".
Mi associo all'indignazione del consigliere Figuccia e chiedo più controlli per queste manifestazioni pseudo-artistiche con istallazioni che deturpano e insultano il decoro urbano di una città che vanta un'illustre storia d'arte e bellezza.
Vorrei infine ricordare a chi ci amministra che Palermo non è una proprietà privata, e che si deve sempre operare per il bene comune. La città ormai abbandonata a se stessa, appare decadente, sporca, allagata anche per due gocce d'acqua, ed estramente povera: che sia riportata alla luce che merita da questo immane degrado materiale e morale, e non certo da una pacchiana luminaria!
Marina De Luca
P.s. Complimenti all'artista e all'operazione mediatica riuscita: oggi vale ciò che fa tanto troppo rumore anche se fa male alla vista e al cuore, tutto il resto è noia.
La mitica scena del film di Sordi
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