"Il valore incrollabile della memoria ci richiama, oggi, alla responsabilità che lo Stato, in tutte le sue articolazioni centrali e periferiche, è chiamato a confermare nei confronti delle giovani generazioni che, dalle istituzioni, si attendono, oltre che opportunità di futuro e di progetto, comportamenti e condotte capaci di farsi testimonianza di collegiale impegno a tutela dei diritti universali e delle libertà individuali, della dignità della persona, del rifiuto al ricatto mafioso". Così dichiara il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, in occasione della celebrazione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci.
"Con questa convinzione - continua Lagalla -, la Città metropolitana di Palermo ha aderito al progetto della Fondazione Falcone per la realizzazione di un “luogo del presente e della memoria della lotta alle mafie”: uno spazio, immaginato insieme alla Prof.ssa Maria Falcone, che non sia di sola memoria, quanto e piuttosto di fluido incontro sul contemporaneo e di riflessione per un nuovo patto generazionale, a sostegno della legalità. Nella nostra comune idea si ritrova la volontà di attivare un osservatorio privilegiato per raccontare le storie e il sacrificio di chi ha combattuto il crimine organizzato, attualizzandone la testimonianza e traducendone l’esempio nelle forme e nelle cangianti rappresentazioni della contemporaneità".
"L’iniziativa, intimamente saldata all’impegno dell’ente locale nell’assicurare trasparenza amministrativa e gestionale e tutela dei diritti, intende contribuire ad un nuovo e più originale percorso di avanzamento della irrinunciabile cultura dell’antimafia che appartiene a tutti, e di tutti è bene prezioso, se suffragata dall’esemplare condotta civica ed istituzionale di ciascuno di noi, anche superando - con generosità, onestà intellettuale e lungimiranza – pregiudizi, polemiche e possibili errori".
"Di certo, non regge il pessimistico stereotipo gattopardiano secondo cui poco o nulla sarebbe cambiato nella nostra Città, fino ad immaginare che il sangue dei Martiri potrebbe essere stato versato invano; né tanto meno è oggi postulabile il rischio di un diffuso, quanto improvviso, rigurgito di subcultura mafiosa poiché, dalle stragi ad oggi, si è innescato ed è cresciuto un vasto meccanismo sociale di rigetto della mafia che, sia pure ancora presente nella nostra società per intuibili e noti retaggi culturali e sociali, trova, come recentemente dimostrato anche dalla liberatoria cattura di Matteo Messina Denaro, solido sbarramento nella più larga ed onesta parte della opinione pubblica, nella capacità resiliente delle istituzioni, nell’impegno generoso e competente degli organi investigativi, nella rigorosa e diuturna azione della Magistratura requirente e giudicante".
"Giovanni Falcone, nel presagire l’auspicabile fine del fenomeno mafioso alla stregua di ogni altro accadimento umano, non nascondeva tuttavia i condizionamenti derivanti dai tempi necessari al superamento degli originari fattori storico-sociali e dalla perdurante presenza di grandi e piccoli maestri cantori che appartengono a tutti gli strati della società e che vivono in perfetta simbiosi con la mafia”.
"Sarebbe, dunque, ugualmente in errore chi sbrigativamente immaginasse che Cosa Nostra sia ormai definitivamente liquidata ed espulsa dalla nostra comunità, dal momento che i pericoli restano e trovano potenziale radicamento nelle infiltrazioni presso la Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento agli appalti del PNRR, e nella larga diffusione delle nuove droghe, accessibili a basso costo e destinate, proprio per questo, a seminare sofferenza e morte tra le giovani generazioni e nelle loro famiglie".
"Anche Palermo, nonostante il lodevole ed instancabile impegno delle istituzioni e delle forze dell’ordine, è costretta a piangere i suoi morti, giovani ed indifesi, di fatto nuove ed incolpevoli vittime di mafia perché alla mafia ragionevolmente appartiene la responsabilità criminale di questo orribile e diabolico mercato del dolore".
"Analogamente a quanto sempre affermato da un altro Martire palermitano, del quale quest’anno ricorre il 30° anniversario dalla barbara uccisione per mano mafiosa, il Beato Pino Puglisi, il Giudice Falcone, di fronte alle inerzie di ogni tipo o alle strumentalizzazioni di comodo, usava dire: “Possiamo sempre fare qualcosa”, una massima questa che, secondo il magistrato ucciso a Capaci insieme alla moglie, Francesca Morvillo, e ai tre agenti della scorta, avrebbe dovuto essere scolpita sulla scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto".
"Personalmente, sono convinto che questo monito, semplice ma fondamentale, debba riguardare ed essere fatto proprio da tutti coloro che rivestono incarichi pubblici perché, per non abbassare la guardia e, al tempo stesso, sfatare il mito di una mafia invincibile, c’è bisogno che le istituzioni, a partire da quelle locali, si facciano esempi, testimoni".
"Come Amministrazione Comunale, sentiamo di avere un dovere preciso verso i nostri cittadini e verso i giovani: il buon governo nonostante le molteplici difficoltà che, giorno per giorno, occorre affrontare e superare. Una Città ben governata, una Città dove i diritti civili e sociali vengono garantiti senza alcuna intermediazione abusiva è il miglior antidoto contro la sopraffazione mafiosa".
"Come sindaco, per l’amministrazione che rappresento, sento di avere un dovere preciso verso i cittadini e i giovani: il buon governo, nonostante le molteplici difficoltà che ogni giorno occorre affrontare e superare. Una Città ben governata è una Città dove i diritti civili e sociali vengono garantiti senza alcuna intermediazione abusiva ed è questo il miglior antidoto contro la subcultura mafiosa".
Fonte: Comune di Palermo
Fonte Immagine: Comune di Palermo
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