Questa è una storia vera. Una piccola, semplice, tragica storia. Ma vera. Una delle tante che il Destino, spesso ironico e beffardo, si diverte a imbastire per noi piccoli uomini, anzi:“ominicchi” (come scriveva Leonardo Sciascia ne “Il giorno della Civetta”, vi ricordate?) che, credendoci forti e perciò invincibili, combattiamo, diuturnamente, pervicacemente, con le nostre piccole spade di latta, contro i mulini a vento, ma la nostra miserabile, vile battaglia, è persa in partenza…
Tutto cominciò una mattina di un già caldo mese di aprile di tanti anni fa, quando ancora prestavo servizio negli uffici dell’Anagrafe della mia Città.
Quella mattina il telefono sulla scrivania del capufficio cominciò a squillare presto e con particolare insistenza. Ma il capufficio era fuori stanza, e nessuno dei miei colleghi era ancora presente, tutti sicuramente impegnati nella sacra cerimonia del caffè, cerimonia a cui mai avrebbe rinunciato un impiegato che si rispetti. Intanto il telefono squillava e squillava, e pareva davvero che da un momento all’altro si mettesse a chiamare aiuto. Non potevo permetterlo. Così risposi io, che al rito del caffè avevo rinunciato da un pezzo. Già proprio io…La trama beffarda del destino aveva deciso così. E c’era un perché, visto che niente avviene per caso, e vi posso assicurare che questa non è una frase fatta. Vi spiegherò poi perché.
“Sì, pronto…” – attaccai un po’ moscio, presagendo la rogna che mi sarebbe capitata di lì a poco… “Pronto?...Buongiorno…Parlo con l’Ufficio Anagrafe?... – domandò una voce lontana… - “Sì’, prego, mi dica pure…io sono uno degli addetti al reparto…però il capufficio in questo momento è fuori stanza, se vuole richiamare…”
“No, senta…posso dirlo anche a lei…ecco…è per una cosa, come dire?…umanitaria…io sono la caposala del reparto di Oncologia dell’Ospedale “***” di Milano…Sono la signora Matilde ***”…
“Sì, signora, prego, in che cosa posso esserle utile?…”
“Ecco, guardi…la mia è un’iniziativa, come dire?…personale…Ma anche i miei colleghi sono d’accordo e ne ho parlato con la direzione…e allora ci siamo decisi a chiamarvi… “
“Va bene…però non ho ancora capito cosa posso fare per lei…”
“Mi scusi, ha ragione…adesso le spiego…vede, qui, nel nostro reparto c’è un vostro concittadino, di età avanzata…ed è molto ammalato…diciamo…insomma è in fase terminale, mi ha capito?…
“Sì, ma…”
“Questo povero vecchio è solo, non riceve mai nessuno…nessuno è mai venuto a trovarlo…lui dice che non ha parenti e poi…e poi non vuole disturbare nessuno…ecco a noi sembra una cosa strana… Possibile che…non abbia veramente nessuno?... Dai documenti in nostro possesso risulta essere celibe, ma potrebbe avere lo stesso una compagna…o comunque dei parenti, magari un fratello o una sorella che non sanno della sua situazione…vede….non ha ancora molto da vivere, poveretto e allora…”
“Sì, ho capito, lei mi sta chiedendo di verificare il suo stato di famiglia…”
“Se è possibile, in modo da avvisare gli eventuali parenti , prima che… “
“Mi dia i suoi dati, signora e faremo il possibile…”
“Sì, certo, io sono la signora Matilde ***…”
“No, mi scusi, volevo dire i dati anagrafici del paziente…per cominciare le ricerche…”
“Ah, sì, ho qui davanti la sua scheda…Ecco, solo un attimo, sa, i miei occhi…Il vostro concittadino si chiama Michele “***”, ed è nato il *** a Catania, ed è residente in Via Raciti, n. *** …
“In via Raciti?...”
“Sì, qua c’è scritto così…conosce questa via…? “
“Eccome, visto che ci sono nato…e c’ho vissuto, fino a quando avevo dieci anni…”
“Ma guardi la coincidenza…ma, allora, forse lo ha conosciuto il povero signor “***” ?… “
“E chi lo sa, magari…ora non ricordo…ma, mi scusi, sa per caso la professione del signor Michele *** ? “
“Sì, qui nella fotocopia della sua carta di identità c’è scritto…ecco: di professione : “ciabattino”…
“Ciabattino?...ma certo che l’ho conosciuto…tutti lo conoscevano…era il nostro ciabattino!…lui praticamente ha riparato le scarpe di tutta la mia famiglia…e di tutto il quartiere…era bravo e anche molto simpatico…e a noi bambini raccontava spesso le barzellette e ci faceva ridere a crepapelle… Eccome se me lo ricordo il signor Michele! … era l’amico di tutti e tutti gli volevano bene…Ma allora…sta proprio per morire?...davvero?...”
“Sì, purtroppo sì, ha un tumore maligno…ai polmoni…”
“Ah, certo, lo so…fumava molto….sa, quei sigari toscani, puzzolenti…ancora me lo ricordo…”
“E chi lo sa se è proprio per questo?...nessuno lo sa con certezza…il guaio è che ci si ammala anche quando non si fuma…sono tanti i fattori di rischio…Allora ci aiuterà per favore? E visto che lo conosceva, per favore…faccia in modo di trovarli al più presto questi parenti…io sono sicura che ci sono…ci sono…e lui non glielo vuole fare sapere…così, per non disturbarli, appunto, ma le sembra una ragione plausibile?... Le sembra giusto che muoia da solo come…Aspetto sue notizie, le lascio il mio numero diretto…Ecco...scriva…02…
Scrissi il numero sotto i dati anagrafici del povero Michele *** e ancora stentavo a credere a quello che mi era stato appena detto…Stava per morire…lui così allegro, così pieno di vita, sempre a scherzare su tutto e su tutti e a cantare e a sputare sentenze, oppure a pregare, sempre a voce alta, la sua, “la nostra Santuzza, - Sant’Agata, che lui adorava, letteralmente adorava, - mentre batteva incessantemente con il suo vecchio martello per risuolare scarpe e stivali di ogni forma e dimensione, senza mai ingoiare quei tre, quattro chiodini, che teneva sempre (miracolosamente) ad un angolo della bocca… E ora stava per morire, da solo, in quel lontano letto d’ospedale…in quella grande città che così, mi sembrava ancora più lontana e irraggiungibile…Per scacciare la tristezza mi misi subito all’opera…Nel suo stato di famiglia non c’era davvero nessuno…e non si era mai sposato, nessuno aveva mai convissuto con lui…Bisognava andare un poco più a ritroso…partire dallo stato di famiglia dei suoi genitori, per vedere se aveva avuto dei fratelli o delle sorelle…Sì, aveva avuto dei fratelli…precisamente un fratello e una sorella…ma il fratello era morto giovanissimo, quasi bambino…Rimaneva la sorella…ma risultava pure lei deceduta, da qualche anno, però aveva avuto una figlia…Bene, questa figlia risultava sposata e aveva già tre bambini, un maschio e due femmine, ed era residente in città…almeno così dicevano le carte…Presi nota dell’indirizzo della signora, augurandomi che corrispondesse al suo vero domicilio, che non fosse insomma una residenza di comodo o altro …. Bisognava scriverle al più presto per informarla…Ma…perché non telefonare invece? Si faceva prima…Sicuramente ce l’aveva un telefono, magari intestato proprio a lei o al marito…Presi l’elenco telefonico…c’era proprio il suo nome. Composi il numero di fretta…mi rispose subito una voce di donna, un po’ affannata…
“Pronto?...chi parla?...” – E in sottofondo mi giunsero voci di bimbi che strillavano a perdifiato -
“- Bambini, per favore, fate silenzio, non sento nulla…silenzio! “ – continuò esasperata la donna. – Ci fu attimo di silenzio e così potei parlare. –
“Buongiorno, signora, qui è l’Ufficio Anagrafe…” –
“Sì, buongiorno, e che desidera?…Bambini, silenzio, non riesco a sentire niente…Oh, Dio… -“
“Signora io la chiamo perché… devo parlarle a proposito di un suo parente…il signor Michele ***”
“Mio zio?...Mio zio Michele?...Ma perché, scusi?...Gli è successo qualche cosa?...Noi lo stiamo cercando da un pezzo…Mio zio è partito un mese fa per Milano, perché diceva che doveva farsi degli accertamenti…ma non si è più fatto sentire…mio marito veramente voleva andare alla polizia…Poi, sa, mio zio è un tipo strano…e magari si poteva incavolare se uno si metteva a cercarlo…lui non vuole essere disturbato... e non vuole dare fastidio a nessuno…mi ha capito?... Bambini…basta!…mi scusi, ma qua i bambini proprio non mi fanno parlare…Lei insomma che mi deve dire?...Non è che per caso è…? “
“No, signora…però stamattina ci hanno chiamato da Milano, dal reparto di oncologia dell’Ospedale *** “
“Ah, l’Ospedale?... allora mio zio è ricoverato lì…a Milano, ha detto?... “
“Sì, signora, e dicono che è anche grave…molto grave…” –
“Grave, mio zio?...Per davvero?...E come mai?... – Bambini! Basta, per favore, silenzio…!”
“Sì, signora, mi dispiace…ormai è in fase terminale…Ecco, se magari qualcuno di voi potesse andare a trovarlo…a portargli un po’ di conforto…Prima che…” –
“Sì, certo, ora lo dico a mio marito…e ci và lui…io c’ho tre bambini…e a chi li lascio?...”
“Va bene, signora…io le dovevo dire questo…” –
“La ringrazio…è stato gentilissimo…ora ci pensiamo noi…grazie, grazie ancora…buongiorno” – E chiuse la comunicazione.
Ora non mi restava altro da fare che telefonare a Milano, alla signora Matilde, per avvisarla che ero riuscito a trovare almeno una parente del povero signor Michele. Composi il numero ma risultò occupato. Ci provai almeno una decina di volte prima di potermi mettere in contatto con la gentile e apprensiva signora Matilde e intanto si era già fatto mezzogiorno. Si avvicinava il rito della spesa al Mercato del Pesce…. – “alla Pescheria”- …come diciamo qui, il nostro coloratissimo e confusionario mercato, pieno di bancarelle e bottegucce, zeppe di ogni ben di Dio, insomma una vera e propria gasbah, e allora tutti sarebbero usciti alla spicciolata per comprare il pesce freschissimo da portare a casa…
La signora Matilde fu felice di sentirmi e disse che era sicura del fatto che il signor Michele non poteva essere davvero solo e che qualcuno finalmente sarebbe venuto a trovarlo, e che non sarebbe morto senza il conforto di una persona a lui cara.
E così quel giorno avevo fatto la mia buona azione. Potevo ritenermi soddisfatto e al povero Michele ***, il ciabattino morente, per un po’ di tempo non pensai più, troppo preso dai frenetici, banali impegni, della nostra miserabile vita quotidiana.
Le nostre strade, però, si ricongiunsero di nuovo, appena un mese dopo. Casualmente quella mattina mi ritrovai all’Ufficio Morti, per consegnare e ritirare alcune pratiche. Il mio caro collega, Mario, era tutto intento ad apporre, meticolosamente, le annotazioni di morte sull’apposito enorme registro. Non potei fare a meno di guardare cosa stesse scrivendo. Scriveva il luogo e la data di morte del mio amico ciabattino…
Ora la parabola si era davvero conclusa. Il cerchio si era chiuso…Ma era stata tutta una coincidenza? Solo una coincidenza, uno scherzo del Destino?…No, come dicevo prima nulla avviene per caso, nulla…Fu invece una richiesta d’aiuto…un’accorata, muta richiesta di aiuto, del povero Michele a me…che lavoravo lì, in quell’ufficio, dove avrebbe chiamato un’infermiera mossa a compassione perché lui stava per morire, e lo sapeva, e diceva di non volere a nessuno, ma in cuor suo sperava che qualcuno alla fine sarebbe venuto a cercarlo, a tenergli stretta la mano mentre…Ecco perché dovevo rispondere io, io che lo conoscevo, io che non avrei perso tempo a cercare i suoi più stretti parenti, io, che una volta trovati, non avrei perso tempo a seguire la via burocratica, lunga e farraginosa, e cioè scrivere una lettera per informare i parenti, lettera che poi doveva essere firmata, e poi protocollata, e poi consegnata al collega addetto alla posta, che a sua volta doveva registrare e affrancare la missiva e poi alla fine consegnarla alle Poste Italiane le quali…
Quando tempo sarebbe passato prima che i parenti venissero a sapere del loro povero zio?
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