Mai come in questa tornata elettorale ho sentito così forte l’incertezza e il vuoto di appartenenza. A tutto ciò si aggiunga l’orda di violenza che segna lo sgretolarsi di una già debole democrazia, che in questi giorni sta imperversando in tutta Italia, e che oggi vede una Palermo e l'Italia blindata, fra gruppi estremisti che rivendicano non si capisce cosa: politica o sindrome razzista?
Faccio parte di quella generazione che ha vissuto le lotte politiche dei giovani che si prendevano a colpi di catene all’uscita dei licei, militanti convinti di una ragione politica che, seppur estrema, corrispondeva ad una ideologia filosofico-politica.
Ma oggi votarsi a chi, e perché? Quale programma? Ma soprattutto quali ideali? Credo sia un dovere manifestare opinione durissima, in equilibrio con la gravità del momento. Quando un Paese non è in grado di esprimere una autorevole leadership politica e progettare migliorie per il suo popolo, ormai globalizzato, diventa – per forza - preda della finanza e dei mostri sociali conservatori che assorbono tutte le energie dello Stato, distruggendo le ultime speranze di ripristinare un corso degli eventi più favorevole alla collettività. Ed è per questo che oggi ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta sistemica globale, schiavi dell’Europa. Nessuno ha più la certezza di avere capito. Ci hanno deluso e resi alla miseria, e più spaesati di quanto già non fossimo. L’Italia è in forte regressione o forse è morta, ne abbiamo contezza ogni santo giorno, per famelica inettitudine ed aggressione esterna. Ma nel dibattito elettorale e nei fatti concreti, i partiti ed il loro seguito di militanti osservanti, anziché affrontare i problemi urgenti, assumendosi le necessarie e dovute responsabilità, anche a fronte dei loro esagerati e inopportuni emolumenti, si sono lanciati in fantastiche promesse, risse, deprecabili vituperi, e ad assurde e meschine competizioni personali. Ogni programma elettorale offre una soluzione per ogni cosa, per ogni ceto sociale, per ogni singolo cittadino. Si va dai bonus ad personam, nemmeno più tanto originali, ai paradisi fiscali, ai redditi minimi di cittadinanza, alla riforma pensionistica, alla riduzione della disoccupazione, alla liberazione dello straniero, della violenza, della prostituzione, etc. O, forse, occorrerà fidarsi del nuovo che avanza, che poi, alla resa dei conti, tanto nuovo - nei fatti concreti - non si è dimostrato. Insomma, tanto caos. Caos, credo sia il termine più idoneo per far comprendere che non si è compreso nulla. Ma come possono realizzarsi tutte queste belle promesse proprio alla vigilia di un voto così determinante se fino ad oggi nell’alternanza delle stesse figure non si è prodotto che miseria e aggravio fiscale? E il paradosso è che, nonostante il parlare e lo sproloquiare di risoluzioni, onestà e perbenismo, si è depredato più dei tempi passati, impoverendo noi cittadini vittime come non mai. Ormai la sanità è al collasso, diciamo pure quasi inesistente, e conta morti ogni giorno per inefficienza o impossibilità di accesso alle cure. Provate a recarvi in un pronto soccorso per verificare sulla propria pelle la profonda mortificazione a cui un ammalato è sottoposto. Potrei dire di ogni ambito della società, ma questo è quello che mi sta più a cuore con la scuola, ormai solo arrogante e cinica, e allo sfascio più totale. L’ultimo decennio, dal 2008 ad oggi, è stato il più difficile e drammatico dei tempi moderni post industriali. La regressione economica, prodotta anche dalla pressione fiscale che investe il nostro Paese, ha problematiche severe, che si esprimono anche in crisi valoriali e culturali.
C’è una reale emergenza di povertà, le piccole e medie imprese - massacrate dal fisco - stentano a sopravvivere oppure chiudono tra disastri esistenziali, e i nostri figli sono ormai preda del mondo e del lavoro globalizzato. I nostri rappresentanti politici, incuranti delle nostre piaghe, hanno guardato soprattutto ai loro privilegi, alle loro pensioni, ai loro entourage, infischiandosene dei valori (?) tanto decantati, e soprattutto del popolo sovrano, senza ritegno alcuno. Hanno dilapidato risorse generali per misere “ragioni di bottega”, protetti da un sistema oggettivamente logorato e garantista, consegnando nelle mani di avidi usurai europei e mondiali le patrie ricchezze; deprimendo, infine, le prospettive autonomistiche del nostro Paese.
Recarsi alle urne in uno scenario così grave è davvero difficile, complesso. Siamo vicini al 4 marzo, e più ci penso e più rimando questo momento di grave incertezza, ma nel contempo di estrema urgenza. Si, perché la situazione è severa, e mi dispiacerebbe uscire dall’urna con la sensazione di avere sbagliato, di non aver capito e saputo guardare oltre. Credo che questa sensazione di inadeguatezza appartenga ai più coscienziosi, a chi sente anche la responsabilità per il prossimo e verso la nostra derelitta patria. Oggi più che mai serve un voto responsabile: bisogna essere politici più dei politici stessi. Non è più il tempo delle astensioni, pratica liberatoria che semplifica nell’incertezza. E anche se penso che questo voto non sarà affatto risolutivo, perché i problemi sono gravi e gli schieramenti non offrono nessuna serenità di governabilità e alleanza, non possiamo e dobbiamo perdere la speranza.
L’Italia è gravemente ammalata, anche l’Europa osserva scettica l’avanzare di questo cancro metastatico che l’ha colpita, forse irreversibilmente, e i nostri politici stanno giocando, anche ridicolizzandosi attraverso l’interesse mediatico, a chi vince la più bella poltrona del governo. Non sarà questo voto che ci libererà dal marcio dei nostri giorni, dall’ inutile assistenzialismo, dal voto di scambio, dalla corruzione… occorrerà da parte nostra molta più responsabilità e più vigilanza nei confronti degli organi di governo. E poco importa chi salirà sul podio dei vincitori: i nostri diritti costituzionali ce li devono dare perché è un dovere dello Stato per tutti i suoi figli, e non un privilegio esclusivo dei “figli di papà” e delle lobby.
Marina De Luca
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