La cronaca di questi anni ci ha ampiamente raccontato la scomparsa di Antonio e Stefano Maiorana, in quell’ormai lontano 3 agosto del 2007, quando i due, rispettivamente padre e figlio, svanirono dal cantiere di Isola delle Femmine a Palermo, dove Antonio faceva il consulente per le società che stavano costruendo: la “Calliope” e la “Edilia”. Dicono che si assenteranno per dieci minuti, forse il tempo di un caffè, ma da quel momento di loro nessuna traccia.
In questi lunghi anni anche noi di Palermomania.it ci siamo occupati con viva partecipazione della drammatica storia. Abbiamo accolto l’architetto Rossella Accardo svariate volte, intervistandola. Una donna a tratti forte, molte volte fragile, ma sempre alla ricerca ostinata della verità. E come darle torto? Il suo grido di disperazione è anche il grido di dolore di chi cerca e pretende che giustizia sia fatta, perché è inconcepibile, specialmente per i non addetti ai lavori, che sia stata chiesta l’archiviazione del caso perché non ci sarebbero motivi validi o novità per tenerlo in vita. Ma siamo tanti, gli amici di Rossella e non, alcuni accorsi ieri davanti al tribunale di Palermo, a gridare il nostro NO all’assurda archiviazione. I fatti processuali, fino ad oggi, non hanno portato a chiarire la dinamica della scomparsa, né tantomeno si è venuti a capo della verità. Ma c’è un fatto strano, uno dei tanti: Antonio ha lasciato in cantiere il borsello con i documenti dai quali non si separava mai. Perché lo avrebbe fatto se pensava di non tornare? Insomma, se se ne fosse andato volontariamente li avrebbe di certo portati con sé. Questo particolare, insieme ad altri presenti sulle carte processuali, potrebbe essere una valida motivazioni per rifiutare l’archiviazione del caso? Non lo so, non posso rispondere come un pubblico ministero, ma come una comune mortale si. Spesso la giustizia è afflitta da approssimazione e incapacità a chiarire, lasciando tanti perchè irrisolti. Ed ecco che allora nel comune mortale nascono idee che portano a manifestare dubbi sullo svolgimento delle indagini, fino ad arrivare alla messa in opera di scenari che conducono a credere in complicità nascoste. E non si può negare che abbiamo superato, e da tempo, ogni limite di umana sopportazione. Punto di domanda: come si fa ad archiviare un caso come questo? Ma davvero è stato possibile? C’è una madre che urla giustizia, e che non intende arrendersi. E non solo per i suoi cari, ne ha sposato completamente la causa e chiede lo stesso trattamento per tutti gli scomparsi nel nulla, per gli assenti senza soluzione. E' vero, qualche volta la giustizia è difficile da attuare, perché è fatta di silenzi e di passi omertosi, perfino dei parenti stretti. Ma una cosa è certa, fatti inquietanti hanno preceduto quel famoso giorno della scomparsa, trame incompiute e infittite di misteri. Pare ci sia stata una lite furibonda nello studio di un notaio; la telecamera dell’aeroporto, luogo di ritrovamento della Smart di Stefano, non funziona e non riprende nessun filmato; un cellulare, forse del socio di Antonio, Dario Lopez, intercettato sul luogo della scomparsa. Non conosco i documenti processuali, ma di sicuro ho ben compreso i racconti di Rossella Accardo ripresa dalle telecamere di importanti studi televisivi, e ho capito che le stesse dinamiche del ritrovamento dell’auto, la Smart di Stefano, abbandonata nel parcheggio dell’aeroporto di Palermo, lanciano presagi negativi, di parole non dette ma lasciate intuire con precisi simboli. É d’uopo chiedersi che fine abbia fatto la tutela dei cittadini, che dovrebbe essere costituita dalla collaborazione del sistema giudiziario nel suo insieme. Sempre di più assistiamo ad organi di polizia e magistratura che sembrano girare a vuoto e preparare più che la ricerca della verità una possibilità di archiviazione. Cosa non funziona veramente? C’è scarsa volontà di arrivare alla soluzione o deficitano, appunto, gli organi preposti alla nostra tutela? Non si possono accettare sconfitte di tale portata, da quella che noi invochiamo Sacra Giustizia, da quella che crediamo con pervicacia la nostra tutela, da ciò che non dovrebbe mai tradire le nostre aspettative di protezione. Purtroppo, ripeto, non è più così! Da molti anni assistiamo increduli a sentenze choc da parte degli attori della sicurezza nazionale. Ma che cosa sta succedendo ai cosiddetti servitori dello Stato? Cosa fanno i nostri tutori della legge affinché essa sia realmente applicata? E il ministro dell’Interno cosa ne pensa? Voi dovreste difendere le vittime! E invece ci pare che, al contrario, agevolate i carnefici. Siamo sbalorditi da questi atteggiamenti disorientanti e inaccettabili. Perché oggigiorno non si incontrano più giudici inflessibili e rigorosi nel giudicare i casi? Perché vengono quasi tutti graziati da attenuanti, condizionali e aspetti sempre favorevoli ai persecutori e non alle vittime? Possibile che nessun organo di governo abbia la sensibilità e la necessità di reclamare spiegazioni politiche adeguate? E se la legge fosse troppo garantista?
Non è vero, signori giudici, che l’opinione pubblica è superficiale, rassegnata e indifferente. E’ semmai gonfia di rabbia perchè ritiene di non avere le armi giuste e, soprattutto, adeguati poteri. Ma è sempre alla ricerca della verità. Pertanto attenzione a non strafare, a non farvi vincere dalla sindrome di onnipotenza! Sarebbe la più grande tragedia umana e la morte delle aule del tribunale. Già, il Tribunale… luogo simbolico di verità, proprio quello dove una folla di astanti insieme ad una straziata madre ha chiesto, ieri mattina, di NON archiviare il caso Maiorana. E noi di Palermomania con loro. Comprendete, di là dagli sterili codici, altrimenti cambiate mestiere.
Marina De Luca
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