"Il Principe delle Maree" diretto da Barbra Streisand e tratto dall'omonimo e bellissimo romanzo di Pat Conroy, é uno dei film più emozionanti degli ultimi venti anni che ho rivisto molto volentieri e che rivedrò ancora.
Tom, Nick Nolte, viene invitato a recarsi a New York, dopo l'ennesimo tentativo di suicidio della sorella gemella Savannah, da Susan Lowenstein, la psichiatra che da diversi anni l’ha in cura, interpretata magistralmente da Barbra Streisand. Dopo la comprensibile iniziale ritrosia a confidarsi, Tom, sollecitato dalla situazione drammatica della sorella, inizia a collaborare, riportando piano piano a galla alcuni importanti episodi, sepolti nell’inconscio, frutto delle drammatiche vicende della sua famiglia. Tom, inoltre, vive male il rapporto sentimentale con la moglie, e la confessione di questi avvenimenti, tenuti celati per tanti anni, riesce a liberarlo dai complessi di colpa consentendo a Susan di comprendere e mitigare la crisi che vive la coppia. Susan, a sua volta, è sposata con Herber Woodruff, un celebre violinista, e ha un figlio, Bernard, con il quale vive un rapporto decisamente conflittuale.
Il film attraverso il percorso psicoterapeutico di Tom, esprime esplicitamente i problemi vissuti dell'ammalato, passando efficacemente dalla malattia alla completa guarigione. Una guarigione che arriverà inaspettatamente dall'amore; dall'essersi messo in gioco; e dal ricordo del dolore che restituisce il giusto valore e il giusto peso a tutte le cose.
"Il Principe delle Maree" affronta pesanti tematiche ed è durante questi processi che accade l’ineluttabile: Tom e Susan si innamorano. Ma il loro amore, pur essendo profondo e vivo, resterà cosciente e consapevole della situazione sentimentale: tanto che i due amanti riusciranno infine a salutarsi, seppur pervasi da acuto dolore, in modo composto e rassegnato. Il film è meraviglioso e miracoloso in ogni più piccola particella della sfera dei sentimenti. La Streisand è straordinaria, prova a trattenere le emozioni, volge lo sguardo in alto per non fare cadere le lacrime, mentre il suo volto è la mimica perfetta del dolore e della felicità. La bellezza dell'ambientazione e dei dialoghi commuove e infrange ogni barriera imposta dalla ragione. É il trionfo dell'amore, in una sceneggiatura che appassiona e scuote le coscienze, fino a fare vacillare i più forti e rigorosi principi imposti dalla morale, dalla ragione e dalla stessa esistenza. Ma nonostante ciò la scelta di separarsi sarà difficile da condividere ed accettare, anche se prevarranno il buon senso e l'attaccamento alla famiglia, sullo stesso sconvolgimento offerto dall'amore. Tutto rispettabile, anche se il tormento contagiato allo spettatore lo porterà inevitabilmente a cercare altre possibili soluzioni, quasi come una necessità vitale, come dare l’acqua agli assetati. L’intensità cinematografica, paragonabile ad un’epopea, ha turbato le coscienze: ogni corda del cuore, ogni memoria, ogni dolore, ogni affetto, é stato inevitabilmente scalfito amplificando i sentimenti. Ma sono le battute finali quelle che offrono un’importante lezione di vita e, soprattutto, d’umanità. Un’umanità che attraverso dialoghi efficaci: "Ho imparato ad amare gli altri nella loro imperfetta umanità" ci conduce alla Fede e a Dio, rendendoci umili nella rinuncia ma lasciandoci accogliere ogni cosa con l’unico scopo di essere amati e imparare ad amare. E avere la forza e il coraggio di perdonare.
Indimenticabile, struggente e affascinante sceneggiatura, con due protagonisti eccezionali come Nick Nolte e Barbra Streisand, capaci di rendere giustizia all’amore perfino nel doloroso distacco, sublimandolo ad uno stato di purissima grazia.
Marina De Luca
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