Secondo il Pontefice l'edificio spirituale della Chiesa chiede a ciascuno di noi di essere coerente con il dono della fede e di compiere un cammino di testimonianza cristiana.
Un’accorata lettera pervenuta in redazione mi ha sollecitata a considerare con maggiore riguardo l’umanità di Papa Bergoglio, la sua testimonianza di fede e le spontanee e dirette parole che elargisce con gioiosa semplicità e speranza. Perché Papa Francesco? Perché è l'unico attore della tristissima lettera che ha aiutato con un gesto tangibile (assegno) una disperata e bisognosa signora che a Lui si era rivolta insieme a tutte le possibili ed immaginabili autorità del governo, Presidente del Consiglio incluso, non trovando risposta in nessun termine, eccetto il Santo Padre, un simpatico ed originale, talvolta incompreso Pontefice (scusate la confidenzialità del linguaggio). Ho considerato che la Sua umanità di strada resterà nella storia, così come l’istintiva spontaneità che non ha trovato sempre positivo riscontro nelle ferree regole della Chiesa Cattolica e del Vaticano, di cui l’Italia è massima espressione. E, per tale ragione, ritenuta culturalmente arretrata rispetto a più stimati ed evoluti paesi europei.
E' bene ricordare che papa Francesco, di formazione gesuita, ha condotto una vita di apostolato in una regione dove la regolarità è la povertà, e non solo economica. In mezzo alle genti ignoranti e gli umili si è accresciuto il Suo nobile spirito che, in parte, ha trovato realizzazione in una rivoluzione interiore, dove è prevalsa la Sacra Umiltà al servizio esclusivo dell’umanità. Ecco chi è veramente il Papa, un umile servitore di Dio e oggi dei fedeli di una Chiesa sempre più in crisi e divisa fra la modernità dei tempi e la sua più granitica effige. La Chiesa Cattolica non potrà mai ammettere né tantomeno giustificare scelte di vita inerenti alla più consolidata morale. Argomenti importanti come la comunione ai divorziati, l’omosessualità, l’ergastolo e l’aborto, sono stati trattati dal Pontefice con frasi che, ai ben pensanti e soprattutto addetti ai lavori, non sono state gradite. Eccone alcune: “Il Papa non ha il compito di offrire un’analisi dettagliata e completa sulla realtà contemporanea, ma invita tutta la Chiesa a cogliere i segni dei tempi“, in riferimento alla comunione ai divorziati; “ Chi sono io che posso giudicare un gay”?; “l’ergastolo è una condanna a morte nascosta”; e ancora, “gli obiettori di coscienza sono coraggiosi”. Chiunque volesse criticare queste chiare posizioni – inni alla vita e all’umanità - è libero di farlo; si assume però la responsabilità di negare la possibilità di aprire dibattiti che interessano il comune sentire. Ma come si fa a negare il reale significato? Il nostro Papa ha trascorso la sua esistenza operando la consolazione spirituale dei credenti, ascoltandone le pene in confessione e amministrando i sacramenti a supporto delle anime sofferenti. Ha realizzato quella che potremmo senz’altro definire una perfetta dicotomia fra il pensiero religioso e la cultura di uomo sensibile e libero, votato essenzialmente alla virtù delle esigenze, alla praticità delle situazioni e al cuore semplice, rispetto alle più ferree regole ispirate da una Fede che non può transigere perchè ha l’obbligo di mantenere la più alta manifestazione clericale, fatta di norme inderogabili, inoppugnabili e difficili da vivere e talvolta accettare. Il Papa si avvale di dialoghi che mediano e in un certo senso perdonano le debolezze umane, quelle che ci sono comuni, quelle delle nostre famiglie, che spesso tocchiamo con dolore, ma che riusciamo ad abbracciare con cristiana rassegnazione. Il Vaticano dovrebbe accogliere l’invito di papa Bergoglio, considerandolo invero un’occasione imperdibile per umanizzare e modernizzare la Chiesa Cattolica e, nel contempo, risvegliare le coscienze nel rispetto del “diverso”, se così si può impropriamente dire, in nome di Dio Padre. Ma le rigorose leggi delle gerarchie cattoliche non lo permetteranno mai! D’altro canto giustificano il rigore finalizzandolo al bene dell’umanità e alla ricerca dell’etica del buon vivere. In questo modo, però, mortificano l’apertura del pensiero a vantaggio del consolidato cliché, ma sempre con la scusa di superiore Fede. Non stanno comprendendo l’operato del Papa che cerca di riavvicinare il popolo alla Chiesa, in un momento storico e culturale di profonda crisi di valori e cambiamento, nel semplice atto di fede e nella preghiera che riesce a commuovere anche sensibilità complesse. Non resti vano l’appello - che non vuole la violenza, che disprezza la guerra - di costruzione di ponti di comprensione e dialogo anche fra etnie e culture religiose diverse. Trovo che sia meraviglioso guardare alla Fede e alla Chiesa come ad un’Entità vicina che ci può aiutare a capire e perfino a perdonare, anche se non siamo perfetti, anche se abbiamo commesso qualche errore e infiniti peccati. E anche se siamo stati per troppo tempo distanti da Dio. Forse Dio mi perdonerà, è tentato di credere il peccatore in cerca di un miglioramento interiore, lo dice pure Francesco, il mio Papa! Non ci sono dubbi: Francesco è un grande Papa e sono certa che lo sarà fino alla fine del suo apostolato, perchè avvicina l'umanità e allontana la distanza dalla fede, nonostante tutte le contraddizioni di un difficile cammino di comprensione, dialogo e testimonianza cristiana.
Marina De Luca
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