Per tradizione, la storia del Risorgimento è sempre stata declinata al maschile: possiamo asserire che la storia dell'Unità d'Italia è stata scritta dagli uomini. Ricordiamo: Carlo Alberto, Giuseppe Mazzini, Garibaldi, Camillo Benso di Cavour, ma anche Filippo Turati, Benito Mussolini, Giacomo Matteotti, Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti.
Ma anche il ruolo delle donne durante quegli anni delicati ebbe una notevole importanza. Esisteva, infatti, un esercito silenzioso e instancabile di patriote in gonnella, eroine quasi dimenticate del Risorgimento italiano, forti e determinate, che hanno segnato profondamente la storia d’Italia e che hanno partecipato in maniera attiva, e secondo le loro attitudini, alla costruzione della Nazione dalla sua Unità e fino ai nostri giorni.
Queste donne per il loro lavoro e le peculiari competenze, resteranno le icone dell'Unità d'Italia e del suo progredire al femminile.
Ricordiamo le patriote Cristina di Belgioioso e Rosa Montmasson, Anita Garibaldi, Maria Montessori, Grazia Deledda, Matilde Serao, Anna Kuliscioff, Edda Ciano, Palma Bucarelli… Si tratta di donne celebri o anche sconosciute perché rimaste nell’anonimato, straordinarie figure femminili. Fra queste ci sono anche giovani donne e madri di famiglia che, armate di ago e filo, hanno cucito le bandiere tricolori e le divise dei militanti: un’importante galleria di volti femminili animati di coraggio, profonde idealità e sentimenti sinceri verso i “compagni combattenti”. E ancora non possiamo dimenticare le patriote che partecipavano in prima persona alle azioni belliche. Per tutte Anita Garibaldi che partì per seguire le gesta del Generale. Morì nelle valli di Comacchio nel 1849, spossata dalla fatica della fuga dalle macerie della Repubblica romana.
Numerose furono dunque le donne d’azione, ma interessanti testimonianze provengono anche da coloro le quali, sfruttando la propria posizione sociale, ospitarono, all’interno dei salotti, accesi dibattiti. Un caso rappresentativo è quello della nobildonna conservatrice Costanza D’Azeglio. Il suo imponente epistolario (611 lettere al figlio Emanuele) fornisce oggi uno spaccato degli ideali, delle passioni e delle visioni che animarono la scena culturale piemontese, proprio alla vigilia dell’Unità. Insomma donne indispensabili alle quali il Paese, proprio per il loro efficace contributo, ha riconosciuto il diritto di voto ma solo alla fine della seconda guerra mondiale.
E infine non possiamo trascurare le donne che si sono distinte anche in ambito culturale e sociologico; che sono riuscite ad affermare la loro presenza o che magari hanno suscitato scalpore. Ricordiamo: Matilde Serao, giornalista e scrittrice, prima donna a fondare e dirigere un giornale; Anna Kuliscioff che promosse alcune leggi a favore del lavoro; Maria Montessori che rivoluzionò il sistema d’istruzione elementare con un metodo che prese il suo nome, usato in migliaia di scuole materne, elementari, medie e superiori in tutto il mondo; e Grazia Deledda vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1926.
E tra le icone femminili più recenti, la scienziata Rita Levi Montalcini, senatrice a vita italiana e Premio Nobel per la medicina nel 1986; la giornalista Oriana Fallaci che, attraverso i suoi libri e i suoi reportage, ha raccontato gli ultimi decenni di storia mondiale; e Ilaria Alpi che ha pagato con la vita il suo servizio al giornalismo.
Donne - famose e non - che con la loro determinazione ricca di profondi ideali, e il loro instancabile lavoro, hanno contribuito a creare il terreno, solido e fertile, su cui si è sviluppata la civiltà italiana. Sono le pioniere della libertà di azione, opinione ed espressione delle donne: le "quote rose” di un’epoca dove era impensabile ipotizzarne una fervida presenza istituzionale.
Marina De Luca
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