Parola un po’ complicata, ma che racchiude una scienza affascinante. O meglio, una branca affascinante dell’Etologia (studio del comportamento animale). Deriva dal greco: zoon (animale), pharmakon (farmaco o veleno), gnosis (studio o conoscenza). Dunque, studio dei sistemi con i quali gli animali si curano, trovando istintivamente nell’ambiente naturale i rimedi capaci di prevenire, alleviare o guarire del tutto molte malattie. Dicevamo branca dell’Etologia, ma racchiude altre discipline: chimica, antropologia, botanica, ecologia, parassitologia. Chi avrebbe mai detto che sono stati proprio gli animali a insegnare all’uomo i sistemi, spesso efficacissimi, attraverso i quali mantenersi in buona salute? Del resto, ai nostri progenitori non mancavano di certo tempo e pazienza da dedicare all’osservazione dei loro comportamenti. Non è scienza molto conosciuta, ma a ben riflettere a tanti è capitato di vedere cani e gatti mangiare le parti apicali di alcune piante, in particolar modo l’avena selvatica. I cani, specialmente, hanno tale abitudine quando soffrono di problemi intestinali, per esempio l’accumulo abnorme di acidi gastrici. Consumando l’erba, provocano il vomito, e con esso l’eliminazione di ciò che è dannoso. Ma di esempi ce ne sono a iosa. Corvi e ghiandaie usano liberarsi da fastidiosi parassiti strofinando le ali in nidi di formiche. Sentendosi minacciati, gli insetti imenotteri si difendono secernendo acido formico (o metanoico) sulle penne degli interessati disturbatori. La molecola ha un’ottima azione antiparassitaria, tanto da essere usata dagli apicoltori per contrastare un acaro, Varroa destructor, temibile nemico delle nostre amiche impollinatrici e, negli allevamenti avicoli, addizionata ai mangimi, contro la salmonella. La tecnica usata dagli uccelli si chiama bagno di formiche o anting. Molte scimmie consumano regolarmente carbone vegetale (da noi acquistato in farmacia) per assorbire ed eliminare tossine introdotte con il cibo. I gorilla curano le ferite con una pianta (Rumex abyssinicus) ricca di acido ascorbico, per contrastare infezioni batteriche. Gli scimpanzé sfruttano una molecola, la thiarubina A, contenuta nelle foglie di Aspilia mossambicensis, sempre in funzione antiparassitaria, e anche antielmintica (vermi o elminti). Contro la malaria usano argilla e germogli di Trichilla rubescens. Incredibilmente hanno scoperto che l’effetto terapeutico è raggiunto soltanto con l’azione combinata dei due elementi. Da notare che le popolazioni indigene fanno altrettanto, con buoni risultati. Anche nota è l’abitudine degli orangutan del Borneo di strofinare sul corpo secrezioni di piante del genere Commelina, per curare processi infettivi e infiammatori. Di grande interesse è la tecnica usata: masticano molto bene le foglie, fino a provocare un’intensa schiuma. Lo scopo? Estrarre le saponine (glicosidi serpenici). Dopodiché spalmano il prodotto soprattutto sulle articolazioni evidentemente doloranti. Ma l’aspetto più affascinante della zoofarmacognosia è racchiuso in una scoperta abbastanza recente, che riguarda l’utilizzo esclusivo di piante allucinogene, in particolare l’Ayahuasca. Perché? Sia per aumentare, come nel caso del giaguaro amazzonico, le capacità offensive e predatorie sia per scopo esclusivamente legato al piacere. In buona sostanza, sembra che cadere nel mondo dei sogni provochi piacere, soltanto piacere, anche agli animali. Da notare ancora che popolazioni dell’Amazzonia e delle Ande utilizzano un decotto di questa pianta per raggiungere intensi livelli di estasi e/o allucinazione durante cerimonie religiose. Studi recenti hanno confortato la tesi che alcune molecole in essa contenute potrebbero sortire effetti terapeutici nella cura delle dipendenze da alcol e, paradossalmente, di stupefacenti e nella cura di alcune patologie mentali: schizofrenia, depressione, autismo. Insomma, ancora una volta bisogna prendere atto che la Natura ci ha già insegnato tanto e che tanto ancora abbiamo da imparare. Ecco perché è di vitale importanza salvaguardare il patrimonio forestale del pianeta. Distruggendolo, non solo uccidiamo indirettamente gli animali, ma compromettiamo la nostra salute anche privandoci di sostanze in grado di mantenerla e addirittura recuperarla.
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