«Sempre, quando si narra una favola, cala la notte. Non importa il posto, il tempo o la stagione: narrare favole fa sì che un cielo stellato e una luna bianca spuntino dai cornicioni e si librino sulle teste degli ascoltatori. Talvolta, alla fine del racconto la camera è piena di luce, altre volte rimane un frammento di stella, o un lembo di cielo tempestoso. Qualunque cosa resti, è il dono con cui lavorare, da usare per la fattura dell’anima».
(Clarissa P. Estés, Donne che corrono coi lupi)
La scrittura è una pelle, le parole a mo’ di dita sfregano l’altro eccitandosi nel prolungamento della sua ricerca. Ma è quando la scrittura incontra il sogno, la storia e la poesia che essa trova dimora in quel luogo misterioso che chiamiamo istinto. È a quest’ultimo che sembra volersi appellare “Anima Mundi” (pp. 142 con trad. inglese, €11,00, febbraio 2015, Brigantia Editrice), l’esordio narrativo della scrittrice palermitana Lavinia Pinello, che attraverso tre brevi e incisivi racconti rievoca come una sciamana l’anima selvaggia e istintuale dell’uomo per portarlo a riflettere sulla sua natura, sulla sua memoria.
Tre racconti, tre lupi, tre fasi della vita. Una scrittura che andando al passo coi sensi accompagna il lettore in un incredibile viaggio verso la vibrante Anima Mundi, quella totalità del creato dimenticata, ma presente nella stessa natura dell’uomo, che di essa fa parte.
Tre lupi saggi, Shedir, Mirach, Altais, danno il via alla serie di racconti: maestri dell’animo umano con il loro ululato guidano alla riconciliazione con il proprio essere e alla ri-scoperta di valori universali dimenticati, quali l’amore verso l’altro o il dovere di sentirsi liberi. Si continua con la mitologia: l’affascinante metamorfosi di una freccia in una fanciulla, per volere divino, si intreccia con le vicende del greco Temistocle a Salamina. Sino ad arrivare in Australia, al parco Nazionale del Kakadu, tra i falò attorno a un karadji e le inquietudini dei giovani aborigeni che, perduto il senso d’identità, si danno all’alcool sino a morire.
Una scrittura icastica, a tratti prolungata ma mai banale. Oltre alle corde emotive e spirituali, il libro è una piacevole narrazione che coinvolge frase dopo frase, sino all’attimo in cui la corsa si arresta in una riflessione su se stessi e sui valori che ci legano alla collettività. Tuttavia, il testo non si propone di essere un prontuario bensì una ricerca incoativa, che sulla base delle esperienze personali dell’autrice, spinge il lettore a nuove domande piuttosto che a sicure risposte.
Ricorrente nell’economia dell’opera la simbologia del tre: tre storie, tre lupi, tre temi, tre fasi della vita, tre fasi lunari: la perdita dell'identità, la riconciliazione con il proprio essere e l'identità individuale e collettiva, quasi fosse un graduale percorso testuale che porta il lettore a uno svuotamento, uno smottamento come si fa al risveglio da un sogno, scambiato prima per realtà.
Un libro da leggere (in italiano e nella traduzione inglese di Chiara Puleo), e da sfogliare nelle bellissime illustrazioni di Sauro Ciantini. Una silloge che con la brevità della favola si cala nella profondità della storia, riuscendo a lasciare quel senso di cambiamento che solo una buona lettura sa dare.
«Ho sempre pensato che ogni artista abbia il segreto desiderio di creare mondi nei quali avrebbe voluto abitare, mondi che non sono quelli della cosiddetta realtà. Anche il più convinto scrittore realista descrive ciò che gli interessa e proprio quando, nella scrittura, perviene alla perfetta aderenza con la realtà del mondo, l’ha già cambiata!».
(Dalla Postfazione di Domenico Aiello)
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