La medicina non è una Scienza esatta, per cui la qualità di azioni che possono essere oggetto di disputa è quasi illimitata.
Spesso prevalgono argomenti come quelli relativi all’allocuzione delle Risorse Sanitarie che tengono conto solo dei costi degli esami e della loro limitata disponibilità così da creare conflitti etici che possono insorgere tra il principio di autonomia del paziente, che richiede frequentemente esami non appropriati, sulla base del concetto dell’autonomia individualistica, e ad una esecuzione indiscriminata di esami diagnostici o talvolta mirati alla solo finalità di certificazione prima di una visita medica.
Sta di fatto che a tutt’oggi non esiste ancora alcuna sanzione legislativa per gli esami non necessari, che concorrono anche ad aggravare gli stessi costi.
Questa interpretazione individualistica del principio di autonomia finisce per svilire sempre più il rapporto medico paziente e i sistemi di rimborso a prestazione incoraggiano il consumismo e la competizione tra medici con l’effetto finale di appiattire il rapporto empatico medico paziente ai soli aspetti mercantili.
D’altro canto è asseverato il principio che i pazienti, o meglio utenti, sono ritenuti liberi di decidere autonomamente su questioni sanitarie rilevanti come ad esempio l’aborto, e non si vede perché debbano essere limitate le indagini cliniche, laboratoristiche e strumentali diagnostiche spesso sovrautilizzate rispetto alle reali necessità cliniche, per poi non tenere conto che il medico potrà aumentare la propria casistica ed esperienza professionale e nulla così eviterà di mettere in crisi il rapporto empatico.
Talvolta succede che la fama del medico accresce nei soggetti affetti d’ansia indotti dalla patofobia o dalla cenestopatia anche degli stessi familiari ai quali concorrono i mass media a volte imprecisi nella divulgazione dei vantaggi che ogni nuova tecnologia mette a disposizione degli stessi utenti, specie se questi è ottenibile senza esborso economico in regime di Servizio Sanitario Nazionale.
A questo punto è chiaro che le risorse economiche non sono infinite e non è proponibile consentire il libero accesso di tutti ai beni sanitari, perché l’uso delle risorse da parte di ciascuno preclude l’uso da parte di altri.
E’ noto ormai che il10% dei pazienti determina il 70% dei costi sanitari, e mi sono posto la seguente questione: deve essere il paziente stesso a rinunciare a qualche tipo di servizio per non sottrarre ad altri risorse sanitarie? Deve essere il medico a bilanciare i trattamenti tra i propri pazienti, per ricavare il maggior beneficio per la popolazione? Deve essere la collettività a stabilire un sistema che vincoli medici a usare le risorse fino a un certo livello e non oltre?
Personalmente ritengo che la relazione sta nell’equilibrio delle diverse istanze individuali, tecniche e collettive.
Prof Fortunato Arena
Specialista Radiologo
Professore a contratto Istituto di Radiologia
Università degli Studi di Palermo
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