Puntuali come il ritardo di un treno sono arrivati i Mondiali di calcio. Inutile nasconderlo: se le Olimpiadi fanno diventare tutti ultras del quattro di coppia o dello skeet o se l’America’s Cup trasforma un popolo disanti e calciatori in navigatori, i Mondiali risvegliano il patrio orgoglio. Chi più chi meno tutti s’infervorano per gli azzurri fin quando restano in gara, salvo tornare a parlare di calciomercato o, perché no, tornare ad odiare il gioco più bello del mondo. Eppure la storia della nostra Nazionale è un po’ anche la storia del nostro Belpaese. Ne sanno qualcosa Andrea Saronni e Paolo Madeddu che, a quattro mani, hanno scritto “100 volte Italia”, edito da Ultra Sport. I cultori di numeri e moduli sono avvisati: queste trecento pagine non sono un almanacco e quindi chi cerca statistiche e tutti i nomi di chi ha indossato la casacca azzurra almeno per un minuto in un secolo è pregato di girare al largo.
Saronni e Madeddu guardano i primi cento anni della nostra Nazionale sotto un punto di vista completamente diverso. Niente numeri ma emozioni. Niente liste o schemi bensì le storie nate in campo o ai suoi bordi. Tanti retroscena, tanti (cento) titoli accattivanti di aneddoti scritti con taglio strettamente giornalistico. Ogni tanto ci scappa la canzonatura vecchio stile ma è l’ironia e la padronanza della materia a farla di gran lunga da padrona. “Capitolo 71- I migliori pali della nostra vita”: si ripercorrono i legni che hanno fatto storia, da quello del brasiliano Mauro Silva nella finalissima Brasile-Italia di Usa ’94 a quello di Trezeguet quattro anni fa, ai rigori. Come sarebbero cambiate quelle gare senza quei pali? Oppure cosa sarebbe cambiato in Italia se Lippi non avesse vinto quel Mondiale? Meditiamo e andiamo oltre: “Capitolo 48 – Amaro Don Byron” ovvero quella volta (2002) che un arbitro ecuadoregno unì il Paese (il nostro, ndr). “Capitolo 44: La disfatta di Pontedera” racconta di come, nel ’94, la nazionale dei Marchegiani, Donadoni e Baggio (Roberto) perse in amichevole con i toscani e la “Gazzetta” titolava “Ai Mondiali il Pontedera”. Ammettiamolo: l’abbiamo sempre pensato. Ogni volta che gli azzurri non convincono (e succede di frequente), spuntano uno, cento, mille soloni che rimpiangono il grande assente di turno (Pruzzo 1978, Beccalossi 1982, Baggio 2002…). Oppure quante volte in Italia si crea un immotivato allarmismo per un problema reale ma circoscritto? Allo stesso modo Trapattoni trasformò un non pervenuto attaccante De
Fonte: tgcom
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