Diversamente da quanto si possa comunemente pensare, oggi le apparecchiature radiologiche sono state costruite secondo normative di sicurezza tali da emettere dosi radiogene a bassa emissione, inferiore al 50% circa . Le aziende costruttrici si sono adeguate alle leggi europee emanate (normative Euratom), obbligando l’utilizzo di elettromedicali a normativa CEE. La tecnologia avanzata consente di utilizzare oltre alle “pellicole dedicate” sempre più fotosensibili, la possibilità di acquisire le immagini anche su PC ed elaborarle secondo l’esigenza diagnostica, evitando che il paziente venga riesposto nuovamente a dose radiogena in caso di errore, migliorando anche l’estetica della radiografia che consente di affinare la diagnosi (manipolazione dell’immagine).Inoltre, le apparecchiature sono obbligatoriamente sottoposte a controlli periodici da parte di Organi di Controllo, come le ASL, i NAS e i NOE, etc.. Ogni sei mesi per il Mammografo e ogni dodici mesi per qualsiasi altro apparecchio radiogeno, il tutto dichiarato e certificato su registri rigorosamente redatti da Esperti Qualificati tra cui fisici e ingegneri iscritti a un albo di registro statale. Non solo, ma le apparecchiature sono sottoposte periodicamente anche a test di autocontrollo ad ogni accensione (autotest). Chi viene meno a queste leggi rischia denunce penali pesantissime, chiusure ambulatoriali con sequestro dei locali da parte delle autorità giudiziarie.
Inoltre, all’esecuzione di ogni esame viene registrata la dose di esposizione radiogena, perché potrebbe capitare anche una paziente che non sa di essere incinta e il medico può essere in grado di conoscere con atti documentali di assoluta certezza il possibile rischio per la gravidanza. Ricordiamoci che esiste non una dose generalizzata bensì personalizzata LDR (livelli di riferimento) per l’esecuzione di ogni radiografia.
Da smentire e sfatare sono quindi le fobie, basta pensare agli operatori che da anni lavorano all’interno di tali reparti a contatto con le micro-dosi anche ambientali...ma nonostante tutto, siamo qui per voi amando la nostra professione e quando qualche volta capita che il paziente non collabora, a esempio per fatti di menomazione, ci esponiamo con le adeguate cautele per aiutarlo alla buona riuscita della diagnosi a volte vitale per il paziente.
Prof. Fortunato Arena
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