Già due anni fa, grazie alla ospitalità pluralista di diverse testate, approfittai delle commemorazioni ufficiali della "Strage di Nassiriya" per presentare ai lettori una chiave di lettura "differente" dalla retorica celebrativa istituzionale amplificata dai media principali del regime partitocratico.
Oggi il ricordo della "strage", nel dodicesimo anniversario, risulta ancor più sbiadito malgrado ci sia stata pure una fiction televisiva di buon successo.
Però ho visto, per la strada principale del paese in cui vivo, i primi rappresentanti delle associazioni d’arma, la polizia locale e gli addetti alla pulizia del sito monumentale: si sa, tra poco arriveranno le autorità, qualche scolaresca ed alcuni cronisti interessati alla mini parata proposta ai cittadini. I quali, come sempre, saranno assenti, per una serie di motivi più o meno validi che è inutile analizzare adesso.
Perché, se la penso come due anni fa, ripropongo la questione? Per il semplice motivo che l'Italia persiste pervicacemente in quel tipo di scelte che portarono alla morte i 17 militari e 2 civili in quella lontanissima città irachena.
È dell'altro ieri la decisione del governo Renzi di prolungare ulteriormente la "missione militare" in Afghanistan «fin quando sarà necessario», ovvero per sempre, visto che senza gli americani ed suoi “alleati Nato” il governo di Kabul resisterebbe ai Talebani per due-tre giorni al massimo.
Peraltro, non contenti, Gentiloni e Pinotti si sono resi disponibili ad impegnare le truppe italiane pure in altri teatri di guerra: Libia, Siria e lo stesso Iraq.
Tutte nazioni il cui assetto interno è stato devastato dagli Usa e dagli Occidentali, con le conseguenze che oggi conosciamo (Isis in testa).
Va ricordato sempre che gli invasori siamo stati noi occidentali, non sono stati gli islamici ad averci aggredito.
Di Nassiriya cosa resta? La perdita della vita dei militari che facevano il proprio dovere di soldati e la manipolazione delle istituzioni sul loro “sacrificio”. Facciamo in modo che, diversamente da come auspicato da certa gentaglia, non ce siano altre 10, 100 o mille.
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